Tra i manufatti neolitici più famosi e discussi al mondo, dichiarato Patrimonio Unesco nel 1986, il celebre sito archeologico situato nella contea di Wiltshire, in Inghilterra, è stato al centro di un’importante operazione di restauro.
Immobili e imponenti da più di 4500 anni, i grandi massi sembrano non essere scalfiti dal passare dei secoli, tuttavia non è così: le scansioni laser hanno mostrato ampie crepe e profondi fori naturali nelle rocce orizzontali che conferiscono alla struttura la sua iconica forma.
Sopravvissuti a fenomeni atmosferici violenti, i monoliti mostrano oggi segni di un veloce peggioramento proprio a causa dell’aumento di eventi meteo estremi alimentati dalla crisi climatica.
La curatrice senior di English Heritage, Heather Sebire, ha dichiarato al Guardian che la colpa del peggioramento delle condizioni di Stonehenge è da attribuirsi al cambiamento climatico.
“Il tempo sta cambiando. Stiamo diventando sempre più estremi: le pietre si seccano con il caldo e si formano pozzanghere sotto la pioggia torrenziale”, ha spiegato.
A sessant’anni dall’ultimo intervento conservativo delle famosissime pietre, gli operatori dell’English Heritage – l’organismo pubblico incaricato di gestire il patrimonio culturale dell’Inghilterra – sono quindi tornati sul posto procedendo dapprima ad una scannerizzazione completa.
Attraverso appositi scanner laser di ultima generazione sono stati visionati ed analizzati anche i lavori svolti nel 1958, fatti con cemento duro, malta e calce, oggi chiaramente sostituiti da materiali già durevoli e meno impattanti.
Gli archeologi hanno quindi provveduto a riparare crepe e buchi sulla superficie esterna (e non solo) dei massi, utilizzando malta di calce naturale e traspirante di ultima generazione.
Ovviamente particolare attenzione per la “pietra numero 122”, danneggiata dopo essere caduta a terra nel 1900.
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