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4 Luglio 2022Come definire se gli interventi su un immobile rientrano nell’ambito del restauro e risanamento conservativo oppure delle ristrutturazioni edilizie? E cosa comporta in caso di cambio di destinazione d’uso?
Questo sono spasso gli interrogativi che ci si pone prima di avviare un lavoro, soprattutto su edifici storici o di forte valenza architettonica. Stabilire la differenza comporta, all’avvio lavori, la definizione dei documenti da stilare in fase di progettazione, la possibilità o meno di accedere a bandi e finanziamenti e, non ultimo, il tipo di interventi ammissibili.
Ad oggi, a chiarire la situazione è la sentenza 38611/2019 della Cassazione.
Come sempre avviene, a fronte di un caso articolato e ai fini di una risoluzione, la Cassazione si è pronunciata per definire se gli interventi rientrano nell’ambito del restauro e risanamento conservativo o delle ristrutturazioni edilizie e se e quando il cambio di destinazione d’uso è legittimo.
La Cassazione ha ricordato che in base all’articolo 10, comma 1, lett. c), del Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001), è richiesto il permesso di costruire per gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti o, nei centri storici, modifiche della sagoma degli immobili vincolati. Per gli altri interventi di ristrutturazione edilizia è invece sufficiente la Scia.
Secondo l’articolo 3, inoltre, sono interventi di ristrutturazione edilizia quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Rientra in questo insieme il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti, la demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria, fatte salve le innovazioni per l’adeguamento antisismico, il ripristino degli edifici, o di parti di essi, demoliti o crollati.
Sono interventi di restauro e risanamento conservativo, ai sensi dell’articolo 3 comma 1 lett. c) del DPR 380/2001, “gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purchè compatibili con quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi”. In questo gruppo ci sono:
- il consolidamento,
- il ripristino,
- il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio,
- l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso,
- l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio.
La ragione risiede nel fatto che la finalità degli interventi di restauro e risanamento conservativo è quella di rinnovare l’organismo edilizio in modo globale rispettando gli elementi essenziali tipologici, formali e strutturali.
Nell’ambito del restauro e risanamento conservativo, non possono assolutamente essere mutati:
- la qualificazione tipologica del manufatto preesistente, cioè caratteri architettonici e funzionali di esso che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie;
- gli elementi formali, come la disposizione dei volumi e gli elementi architettonici che danno l’immagine del manufatto;
- gli elementi strutturali, che compongono la struttura dell’organismo edilizio.
Inoltre, gli interventi edilizi che alterano l’originaria consistenza fisica con una nuova distribuzione interna o attraverso inserimento di impianti devono essere classificati come ristrutturazione edilizia.
É consentito il cambio di destinazione d’uso, per interventi di restauro o risanamento conservativo, solo se compatibile con l’edificio conservato.
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