Il Dpcm del 26 aprile, previa consultazione anche del Mibact, ha stabilito che il 4 maggio i cantieri di restauro non avrebbero potuto riaprire, i cantieri edili sì.
Il codice ATECO 90.03.02 (Attività di conservazione e restauro di opere d’arte)
erroneamente ritenuto attività ricreativa o artistica, è rimasto escluso dalla lista di attività in riapertura il 4 maggio 2020.
Una svista importantissima che subito generato una lunga serie di proteste e richieste di chiarimento.
In realtà, lo stesso Codice è utilizzato dalle imprese di Restauro di beni architettonici ed opere artistiche per eseguire lavorazioni che, secondo la certificazione SOA, sono ascrivibili
alle categorie OG2 e OS2A/B, e sono pertanto parte integrante dei lavori di restauro di edifici vincolati.
Fortunatamente il Governo in data 2 maggio ha accolto le indicazioni degli addetti i lavori includendo quindi anche le attività di restauro di opere d’arte (quadri, affreschi, sculture, mosaici, arazzi e beni archeologici) al pari del restauro di edifici storici e monumentali.
Resta aperta, invece, una riflessione sull’importanza di questo settore dell’edilizia.
Secondo l’analisi di Confartigianato, aggiornate al 2018 sono 3.449 le imprese registrate che operano nel settore Attività di conservazione e restauro di opere d’arte, di cui l’81,2% pari a 2.800 unità sono artigiane.
A queste si aggiungono imprese di installazione di impianti, completamento e finitura di edifici, attività di servizi per edifici e paesaggio.
Nel complesso si tratta di circa 422 mila imprese artigiane, il 76,7% delle oltre 550 mila imprese, al servizio di 4.026 musei e gallerie, 570 monumenti e 293 aree e parchi archeologici che complessivamente nel 2017 hanno raccolto 119 milioni di visitatori.
Numeri importanti se si considera che il nostro Paese è un vero e proprio museo a cielo aperto e più del 40% del totale dei turisti che si reca in Italia si concentra in città di interesse storico e artistico.
É inoltre riconosciuto in tutto il mondo quanto la conservazione e il restauro del nostro patrimonio abbiano permesso, nel corso dei secoli, lo sviluppo di conoscenze e di tecniche oggi all’avanguardia e oggetto di interesse dei mercati internazionali.
In virtù di questo importante asset per l’economia e la cultura del nostro Paese, si spera che questo piccolo equivoco nel Dpcm sia l’occasione per ricordare uno dei settori più apprezzati e importanti per la protezione e promozione della nostra storia passata e futura.