Lavori di scavo per restauro e consolidamento fatti su opere antiche continuino a sorprendere gli addetti ai lavori, anche quando si tratta di uno dei manufatti antichi più studiati al mondo.
É quanto è emerso dalla presentazione dei nuovi dati sullo scavo stratigrafico del collettore sud del celeberrimo anfiteatro, un vero e proprio reportage sulle abitudini degli antichi Romani durante gli spettacoli al Colosseo.
Le ricerche, infatti, hanno svelato una grande quantità di reperti come semi e frutti di piante coltivate (fichi, uva, meloni, olive, pesche, ciliegie, susine, noci, nocciole e pinoli) e resti di piante spontanee come le more: tutti cibi consumati dagli spettatori sulle gradinate.
Sono stati ritrovati inoltre cuticole e frammenti di foglie di bosso e di alloro, piante che venivano utilizzate per decorare l’arena durante gli spettacoli, e ossa di animali come orsi, leoni, cani, bassotti, costretti a lottare tra loro sull’arena oppure impiegati per le venationes, battute di caccia con le quali si intrattenevano gli antichi Romani.
Ancora, sono riemersi inoltre dadi da gioco, oggetti d’uso personale, come uno spillone in osso lavorato, elementi di vestiario come borchie, chiodini da scarpe e frammenti di cuoio e 53 monete di età tarda, tutte in bronzo tranne un sesterzio in oricalco di Marco Aurelio emesso nel 170-171 d.C.
La ricerca nasceva dall’esigenza di comprendere il funzionamento delle fogne antiche e dell’idraulica del Colosseo, “l’importante lavoro di ricerca promosso dal Parco, in collaborazione con i migliori istituti italiani e internazionali, ha permesso di capire meglio il funzionamento del Colosseo per quanto riguarda l’assetto idraulico, ma anche di approfondire il vissuto e le abitudini di chi frequentava questo luogo durante le lunghe giornate dedicate agli spettacoli”, spiega Alfonsina Russo, direttrice del Parco Archeologico del Colosseo. “Abbiamo deciso di presentare tali risultati nell’ambito di una giornata di archeologia pubblica, aperta alla partecipazione di tutti, perché crediamo fortemente che tutte le nostre attività, dalla ricerca alla valorizzazione, debbano essere condivise con i cittadini e con le comunità. Si tratta del primo passo, cui senz’altro seguirà l’edizione scientifica e la pubblicazione dei dati”.
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